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ALEKSANDR LAVRIN, Andrej Tarkovskij, intervista, Istituto Internazionale di Andrej Tarkovskij, PAOLA PEDICONE
Andrej Tarkovskij soffriva tanto per la lontananza dal figlio del secondo matrimonio, che si chiamava come lui, Andrej. Non è che per Arsenij, figlio del primo matrimonio con Irma, non aveva lo stesso amore, ma con Andrej c’era più legame spirituale, da padre al figlio.
Nel suo diario, il regista scrive: «Non posso vivere senza il figlio»; «Non ho voglia di vivere senza Adrjusha».
Alla conferenza stampa a Milano, Andrej Tarkovskij diceva che sarebbe capace di fare qualsiasi cosa per portare la famiglia accanto a se. E nel 1985, nei tragici giorni ha affermato: «Dovrei essere in punto di morte per fa si che la famiglia si riunisse.»
Andrej Tarkovskij sognava di vedere il figlio Andrej che continuasse il suo lavoro. Il primo figlio ha scelto di fare il dottore e il padre era contento di questo. Quando ancora abitava in Unione Sovietica, non voleva che i figli facessero lo stesso suo mestiere, ma ecco, con Andrysha era tutt’altra cosa. Il regista non voleva soltanto aiutare il figlio a trovare una professione artistica interessante. Questo era un modo di ispirarlo per continuare il lavoro del padre, la sua personalità, la sua vita, le sue idee e la sua arte.
Andrej Tarkovskij, il figlio del grande regista Andrej Arsenijevich Tarkovskij, è arrivato a Parigi il 19 gennaio 1986. In quel mese, il produttore del Sacrificio, Anna-Lena Vibum, ha portato a Tarkovskij, già malato, la cassetta con l’ultima versione del film. Andrej ha chiamato il figlio nella camera e mentre che guardava il film, gli ha tenuto la mano per tutto il tempo.
In primavera, quando si sentiva meglio, voleva portare il figlio al lago dove è stato girato il film.
Vedi che figlio che ho, – con orgoglio ha detto alla Leyla Aleksander, – deve vedere assolutamente la Svizzera, soprattutto Gotland, ed anche Elsinore, la patria di Amleto.[1]
Nel 1989, il figlio Andrej aveva finito la scuola e pensava di portare avanti gli studi, voleva fare l’astronomo o lo storico – archeologo. Non è diventato né uno, né l’altro, e ha continuato con la registica, girando un paio di film che tratta la vita del padre, e poi ha inaugurato l’Istituto Internazionale di Andrej Tarkovskij.
Un altro dei nostri incontri con Andrej Andreevich è stato fatto nel febbraio del 2007 a Firenze. Abbiamo realizzato un’intervista, facendoli le stesse domande a cui ha risposto il suo padre nel documentario “Un poeta nel cinema” di Donatella Baglivo (“Ciak Studio”, Roma 1984)[2]
Ecco a voi l’intervista tradotta dal russo: Continua a leggere