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Sono le 17:30. Piove. Esco dal lavoro in fretta per prendere l’autobus per andare a casa. Stasera tocca a me cucinare, è lunedì.
E come sempre, la 40 mi passa davanti all’incrocio e so che a quest’ora, per i prossimi 15 minuti, dovrò aspettare alla fermata con calma, molta calma.
Voglio leggere, un libro appena preso dalla mia collega, ma piove e una mano tiene la borsa e l’altra l’ombrello.
Attraversano la strada due ragazzi, non avranno vent’anni, le macchine si fermano e suonano. È da pazzi attraversare in quel modo. Mi chiedono se la 40 passa di qui. Dico di sì.
“Ed è già passata?”
“Sì, mi è passata d’avanti. Arriverà tra circa 15 minuti, penso.”
“Guarda come piove. Ti ho detto di rimanere a casa. Non voglio ammalarmi”, sgrida uno dei ragazzi. L’altro annuisce.
Mi dice: “Possiamo stare sotto il suo ombrello? Non vogliamo ammalarci con questa pioggia.”
“Va be’ … ”, dico. “Questa pioggia è calda, si sta bene!”
“Lascia stare la signora! Magari le diamo fastidio”, risponde l’altro. Signora, che bella parola preoccupante. Sarò soltanto con una decina d’anni più grande di loro… Me lo dicono per rispetto o perché veramente mostro più anni?
E va bene, sotto al mio ombrello piccolo ci stanno altre due anime. “Venite qui sotto, c’è spazio anche per voi”. Uno alla mia destra, l’altro alla mia sinistra. Io in mezzo con la borsa e con l’ombrello in mano. Mi è venuto il dubbio anche che fossero dei mascalzoni e che mi vogliono derubare. Mi dico, adesso, uno mi spinge da una parte, l’altro mi strappa la borsa e rimango fregata con il mio spirito ingenuo. Per sicurezza, sposto la borsa alle spalle, mantengo le distanze e addotto l’aria da Signora.
“Mi fumo una sigaretta”, dice uno.
“Chiedi alla Signora se non dai fastidio … ”, suggerisce l’altro.
Ragazzi, mi dispiace, ma sono allergica al fumo di sigaretta.
“Come fa a sapere se è allergica?”
“Semplicemente, tossisco e mi irrita il naso …”, rispondo io.
Divertito, dice al suo amico: “Vedi, solo tu fumi un sacco e hai lasciato pure la scuola. Non troverai mai un lavoro”.
“È molto importante studiare”, provo a convincere i giovani. “Altrimenti è difficile trovare un lavoro degno e fare una carriera”.
“Lei è laureata?”
“Sì, ho tre lauree”!
“E lavora”?
“Sì, lavoro”!
“Ma è italiana Lei”?
“No, sono moldava”!
“Aaa, Moldavia, al confine tra Romania e Ukraina”.
“Bravo”, rispondo contenta ed orgogliosa. “Sono pochi che sanno dove sta la Modavia, di solito mi dicono che è in Russia”.
“Ma dai, non ci posso credere … dove è la Russia e dove è la Moldavia … ”.
“Lascia stare la Signora”, si irrita l’altro. “Quante domande le fai, mica ti deve raccontare la sua vita?”
E va be’, finché si tratta di queste domande, ci posso ancora stare. E poi mi convinco che non sono proprio dei mascalzoni, sembrano dei bravi ragazzi, un po’ ingenui, un po’ ribelli, un po’ troppo disinibiti. Ma va bene a questa età! Io lo sono ancora oggi … anche se per alcuni sono molto seria e di conseguenza sembro una Signora.
Ecco che arriva anche la 40, saliamo tutte e tre. Mi ringraziano per la gentilezza di ospitarli sotto il mio ombrello e mi augurano una buona serata.
Tiro fuori il mio libro “Venuto al mondo”, ho visto di recente il film con la regia di Sergio Castellitto, il compagno dell’autrice, e sono molto curiosa di “vedere le scene” come sono descritte, leggo concentrata che non mi accorgo della movimentazione della gente e delle curve dell’autista.
Poche fermate dopo, sento bussare nel finestrino dove sono seduta. Sono i ragazzi, sono scesi a prendere la metro e proseguire nel loro “viaggio”. Mi salutano con la mano e mi sorridono. Saluto anch’io e penso, ci sono ancora dei bravi ragazzi in giro!