La storia del protagonista, Andrej Gorchakov, un intellettuale russo in cerca di documenti di un musicista russo dell’ottocento, Pavel Sosnovskij, si svolge in Italia. Insieme al’interprete italiana, Eugenia, Andrej visita la chiesa che ospita la Madonna del parto di Piero della Francesca, e poi il Bagno Vignoni, dove si trova una antica piscina, chiamata la piscina di santa Caterina, con l’acqua termale.
In questo viaggio incontra Domenico, un pazzo ritenuto da tutti, ma che colpisce profondamente Andrej.
Domenico, un stimato professore di scienza si preparava per la fine del mondo, aveva soltanto un compito da fare: attraversare la piscina di Bagno Vignoni con una candela accesa, che non riuscì a farlo per la colpa dei turisti che facevano il bagno lì dentro.
Così, Domenico affida ad Andrej questa missione, prima di darsi fuoco a Roma mentre che svolgeva una manifestazione.
Andrej sente di compiere la promessa fatta a Domenico, e così torna a Bagno Vignoni e con la candela accesa vuole attraversare la piscina. Dopo tanti tentativi, riesce ad arrivare con la candela accesa al fine del percorso, lo appoggia, e cade per terra. Per la colpa di un attacco di cuore, Andrej muore nella piscina santa Caterina.
«La candela accesa è tutta “una psicologia della casa, della famiglia … è lo spirito che veglia … è il centro di una dimora, di ogni dimora … Dove ha regnato una lampada regna il ricordo …”
La candela accesa contiene dunque la traccia della casa, della patria; è la memoria di quel luogo da cui sia Domenico che Andrej si sentono esiliati. La fiamma della candela è segno del luogo del cuore. Intercettiamo qui un importante sentiero tematico: la patria e la nostalgia.»[1]
Tarkovskij esprime in questo film la nostalgia che ha per la sua Patria, per la sua famiglia, per i suoi cari. In vari testi, il regista ha dichiarato che Nostagia l’ha dedicato alla madre.
«I precedenti personaggi tarkovskiani al termine dei loro viaggi iniziatici rendevano a tornare ai punti di partenza, all’ampio ideale della Casa (Padre, Terra, Russia, Arte, Utopia); con Gorchakov invece, si interrompe questa circolarità vitale relativamente prevedibile e si esprime un’ulteriore e definitiva negazione fondamentale: se la Storia ha corrotto il Tempo dello Spirito dell’Uomo e il tempo modificherà le storie da raccontare, allora Tarkovskij modellerà – continuerà a modellare – il tempo del cinema.»[2]
Le immagini sono uniche, i colori scuri, riprese tra le nebbia, acqua e pozzanghere dove si riflette l’immagine del protagonista.
« … Le riprese in seppia della campagna natia e della casa, l’immagine “solaristica” finale, dopo la morte dell’uomo e dell’immancabile cane davanti alla dacia e dentro l’abbazia italiana – così come vive la privazione della separazione netta dei ricordi della sua casa da quelli della casa-contenitore di Domenico.
Per quasi nove minuti, senza stacchi, la macchina da presa costruisce con carrelli (da destra a sinistra e viceversa e leggeri aggiustamenti con lo zoom) la struttura dell’idea profetica che sottende la dimensione di offerta della vittima sacrificale di Nostalghia. E l’insistenza coerente del regista nel non volere intervenire sul tempo reale o sui piani di ripresa, si avvicina molto alla possibilità di una “feticizzazione della sua figura cinematografica” identificata nel piano.»[3]
Tarkovskij riconosce che voleva parlare nel film della nostalgia russa, quella sensazione di vuoto nell’anima degli russi quando sono lontani da casa. Non a caso in occidente si dice che i “russi sono dei inadeguati emigranti”.
Gorchakov non è tornato a casa, non per la sua volontà, ma perché è deceduto. Anche Andrej Tarkovskij non poteva immaginare che non tornerà più in Russia, che vivrà a lungo in Italia e che non morirà nella sua Patria.
Quindi, Tarkovskij si identifica nel personaggio di Gorchakov; per anni ha sentito il dolore della sua nostalgia per il Paese natale, fino all’ultimo sospiro.
Tra l’altro, nel volume “Luce Istantanea”, pubblicato dal figlio di Tarkovskij e il Prof. Giovanni Chiaramonte, troverete una raccolta di fotografie scattate con una Polaroid da Andrej Tarkovskij quando faceva i sopraluoghi per il film “Nostalghia”.
Regia: Andrej Tarkovskij;
Soggetto e sceneggiatura: Andrej Tarkovskij e Tonino Guerra;
Scenografia: Andrea Crisanti;
Fotografia: Giuseppe Lanci;
Musiche: Verdi, Beethoven, musiche popolare russe, poesie di Arsenij Tarkovskij;
Attori: Oleg Jankovskij (Andrej Gorchakov), Erland Josephson (Domenico), Domiziana Giordano (Eugenia);
Produzione: Rai, Gaumont 1984;
Guardate qui il film >>>
[1] Antonio Socci, Obiettivo Tarkovskij, Edit, Milano, 1987, p. 124
[2] Fabrizio Borin, Il cinema di Andrej Tarkovskij, Jouvence, Roma 1989, p. 134
[3] Ibidem, p. 134
Il lavoro che hai fatto su Tarkovskij sul tuo blog è straordinario. Andrej è per me una sorta di padre spirituale. Sono anni che studio il suo cinema ed è una gioia immensa poter condividere questa passione. Il suo cinema è una pietra miliare assoluta e da quando vidi Solaris nel 1982 ho continuato a perdermi nei suoi visivi acquitrini e nei suoi sogni…. Grazie.
Grazie Raul. Anch’io l’ho scoperto preparando la mia tesi di laurea magistrale. Il cinema di Tarkovskij va studiato fino all’infinito, perché è pieno di sfumature ed è praticapente impossibile capirle solo dopo una visione. Io sono rimasta affascinata dopo la visione dell’Lo specchio (Zerkalo). E’ lì che affronta la sua storia di famiglia, le sue paure e la sua personalità. Peccato che sia spento così presto, ma almeno ci ha regalato un paio di opere che vanno gratificate una per una!
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Also, tҺanks for allowing mᥱ to comment!